La protezione degli IGBT
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Principio di funzionamento
I primi IGBT erano tiristori modificati per potersi accendere con un comando in tensione. Si pensi al circuito equivalente a BJT di un tiristore e si aggiunga un transistor MOSFET tra il collettore ed emettitore del NPN (transistor inferiore). Il gate del MOSFET diventa in questo caso il gate dello IGBT, mentre quello che era il gate del tiristore non è più utilizzato.
Applicando dall’esterno una tensione tra gate e catodo si innesca il tiristore, in quanto viene richiamata corrente dal PNP, che a sua volta invia corrente nella base del NPN e porta il tutto ad autosostenersi (latching). Il latching, normale per un tiristore, qui è indesiderato, perchè si vorrebbe comandare l IGBT sia in accensione che spegnimento, togliendo semplicemente tensione al gate, come in un MOSFET. Si è provato a realizzare il transistor NPN con caratteristiche di amplificazione in corrente (hfe) volutamente scadenti, così da rendere difficoltoso il latching. Per scadenti si intende un guadagno molto inferiore a 1, il più basso possibile: nonostante questo accorgimento, accadeva spesso che il latching si verificasse comunque. In particolare, era frequente in condizioni gravose, quali ad esempio un cortocircuito: il componente rimaneva innescato senza possibilità di spegnerlo, e questo significava la sua distruzione.
Disposizione dei 2 BJT NPN e PNP all’interno dell’igbt (connessione equivalente ad un tiristore)
Si è poi tolto del tutto il transistor NPN, facendo diventare l’IGBT, come è attualmente, una configurazione Darlington tra un PNP e un MOSFET. Il dispositivo che si ottiene possiede la grande velocità di switching tipica del MOSFET e le basse perdite di conduzione del BJT.
Schematizzazione della evoluzione dell’igbt suo simbolo grafico
Per portare in conduzione l’IGBT occorre applicare e mantenere una tensione tra gate e catodo, e toglierla per lo spegnimento, come si comanderebbe un transistor: qui però il pilotaggio è in tensione. I tre terminali esterni sono stati rinominati, per similitudine ad un BJT: il catodo in emettitore, mentre l’anodo è diventato il collettore. Il gate è rimasto tale, ma internamente è collegato diversamente.
Nel seguito si analizzeranno i fenomeni che si verificano durante il transitorio di accensione e di spegnimento dell IGBT: lo studio è valido sia per una configurazione a chopper o per una gamba di inverter, con carico induttivo. Durante tali eventi si ha:
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Turn-on: accensione (problemi di sovracorrente istantanea)
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Turn-off spegnimento (problemi di sovratensione, fenomeno della coda di corrente).
Le forme d’onda relative alla commutazione dell’igbt su un carico induttivo sono schematizzabili nel modo seguente.
Schematizzazione dei transitori di accensione (turn-on) e spegnimento (turn-off) dell’igbt.
Pilotaggio del Gate
Si è detto che l’applicazione di una semplice tensione sul gate comanda la conduzione del componente, ma ciò è vero solo a regime. Sono infatti inevitabilmente presenti delle capacità parassite tra il gate e collettore ed emettitore: esso è per forza di cose isolato tramite uno strato di ossido da questi altri due terminali. Quindi, ogni volta che si dà un comando, si devono riempire o svuotare queste capacità: se lo voglio fare velocemente, per minimizzare il tempo di commutazione e le relative perdite, occorre impiegare forti correnti, anche dell’ordine dei 10 A. Per inviare tali correnti al gate, anche solo limitatamente agli intervalli di commutazione, si impiega una coppia di transistor BJT in simmetria complementare (NPN + PNP), di robusta taglia. Dare il comando di gate in maniera non decisa significa creare dei problemi, specie quando si vuole comandare l’interdizione dell’IGBT. Si consideri L IGBT inserito in una gamba di un classico inverter monofase a ponte. Richiamando poca corrente dal gate (es: 100 ma), l’IGBT tende comunque ad interdirsi, e la corrente del carico, che è ohmico-induttivo, deve andare per forza nel diodo di ricircolo superiore.
Tale diodo, anche se non istantaneamente, si porta in conduzione abbastanza velocemente (è del tipo fast). Ciò che preoccupa è la elevata derivata di tensione (dv/dt) imposta da questo ricircolo di corrente: essa fa passare nella capacità parassita CGC (gate-collettore) una corrente pari a quella richiamata dal gate.
Questa corrente che passa attraverso la capacità parassita va a pilotare l’IGBT, mantenendo costante la derivata di tensione, con un allungamento notevole del tempo di commutazione.
Pilotaggio del Gate e parametri parassiti
Si deve inoltre tenere conto che, oltre alle capacità parassite, sono presenti anche induttanze parassite nel circuito di comando del gate, in grado di risuonare con le capacità e innescare oscillazioni nella tensione sul gate. Queste oscillazioni, seppure smorzate, possono avere dei picchi elevati in grado di reinnescare lo IGBT, così che esso si spegne a singhiozzo, con grande aumento delle perdite di commutazione. Viceversa, al comando di accensione, le oscillazioni possono sottoporre il gate a tensioni superiori a quelle sopportabili dallo strato di ossido che lo isola internamente dalla pastiglia di silicio.
Tensione sul gate, con comando incerto
Per questi motivi è sempre presente una resistenza di smorzamento in serie al gate, che spesso è diversa per il comando di accensione e quello di spegnimento. Essa deve essere scelta con un compromesso tra le perdite sulla resistenza stessa (R bassa) e lo smorzamento necessario a ridurre le perdite di commutazione (R alta), da valutare tramite datasheet. Con le precauzioni ora descritte si riesce ad ottenere una discesa abbastanza rapida della tensione di gate, al comando di OFF: tale discesa presenta un leggero “scalino”, che sarebbe molto pronunciato se il comando non fosse abbastanza deciso.
Provvedimenti per la limitazione delle sovratensioni
Quando un dispositivo di potenza si spegne rapidamente, l’energia accumulata nell’induttanza di dispersione viene dissipata nell’interruttore statico. Ciò causa una sovratensione ai capi del dispositivo. L’ampiezza delta tensione transitoria è direttamente proporzionale al valore dell’induttanza di dispersione e alla derivata di corrente. Per limitare la sovratensione è dunque necessario ridurre l’induttanza di dispersione.
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Limitazione delle induttanze di dispersione parassite tramite opportuno lay-out degli adduttori di corrente L’induttanza di dispersione dovuta agli adduttori di corrente dipende da come questi vengono realizzati; in particolare si osserva che essa è proporzionale alla loro lunghezza, che pertanto va limitata. Un altro accorgimento consiste nel realizzare gli adduttori mediante fogli di rame sovrapposti e isolati tra loro, in modo da creare una spira che sottenda un’area ridotta, ma che generi linee di forza lunghe, alle quali corrisponde una piccola induttanza.
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Limitazione delle sovratensioni tramite condensatori a bassa impedenza serie posti ai capi degli IGBT Riferendosi alla commutazione in spegnimento dell’IGBT in un inverter a ponte, si è visto che la corrente del carico tende ad andare nel diodo di ricircolo.
Si deve anche tenere conto delle induttanze parassite, non trascurabili, che si hanno sui collegamenti adduttori di corrente allo IGBT stesso, che è in genere un modulo, nonchè distribuite su tutto il bus in corrente continua di alimentazione dell’inverter. La presenza di tali induttanze genera sovratensioni sullo IGBT (sulla VCE ) ed anche oscillazioni per risonanza con le capacità parassite presenti.
L’opportuno inserimento di un condensatore impedisce che l’igbt “veda” le induttanze di dispersione a valle e a monte del condensatore stesso, quindi è opportuno installare i condensatori il più vicino possibile all’interruttore statico
Con un condensatore di filtro di tipo elettrolitico, quindi di grande capacità, si potrebbe costituire una prima attenuazione di tale sovratensione: anch’esso però presenta una L serie. Sarà perciò; conveniente non porne uno unico, ma più in parallelo, in modo da ridurre l’induttanza serie complessiva e renderli in grado di assorbire la sovratensione sullo IGBT tramite gli opportuni transiti di carica elettrica. Anche il loro collegamento all’IGBT deve essere però a bassa induttanza: dovranno essere perciò il più vicino possibile, offrire un’area ristretta tra il conduttore di andata e quello di ritorno, nonchè fare in modo che la spira che si viene a formare per le correnti parassite sia la più lunga possibile. Per realizzare ciò, tenendo anche conto delle dimensioni fisiche dei componenti, l’unico modo è utilizzare fogli di rame, che si collegano direttamente ai terminali. I due fogli (andata + ritorno) sono isolati tra loro da un sottile strato di polipropilene o mylar, od anche vetroresina (1 mm) per tensioni elevate; sono previsti opportuni scarti per i bulloni di connessione. Per ridurre ulteriormente le induttanze parassite, a volte si mette un altro condensatore, di capacità ridotta per contenere le dimensioni, direttamente sui terminali dell IGBT. Si ottiene così lo smorzamento del picco di tensione.
Adduttori di corrente per l’igbt
Limitazione delle sovratensioni tramite snubber
Lo snubber è un circuito supplementare impiegato per ridurre le sollecitazioni negli elementi di potenza. Scopo dello snubber è di migliorare il transitorio, sopprimendo le sovracorrenti, le sovratensioni, o migliorando le derivate di tensione e di corrente. Lo snubber in figura smorza le sovratensioni nella fase di turn-off, riducendo le relative perdite di commutazione. II condensatore dello snubber viene completamente scaricato net turn-on e ricaricato net turn-off: ciò riduce il dv/dt sull’igbt durante il turn-off, consentendo uno soft switching e riducendo le perdite.
Snubbers RCD
Limitazione delle sovratensioni tramite clamp
La contromisura dei condensatori elettrolitici in genere non basta a proteggere l’IGBT, perciò si rende necessaria un’altra protezione, detta circuito di clamp (fissatore). Il clamp consiste in un condensatore connesso in parallelo allo IGBT, ma tramite un diodo veloce per quanto riguarda il collettore. Tale condensatore è inoltre collegato alla tensione positiva VCC tramite una resistenza, che lo mantiene carico a tale valore di tensione. Se la tensione VCE supera VCC, il diodo di clamp conduce e fissa la VCE a quella del condensatore, ossia a VCC, il tempo sufficiente a far condurre il diodo di ricircolo dell’iverter, che elimina il problema. Dopo l’intervento del clamp, ma prima della conduzione del diodo di ricircolo, la tensione tende a salire perchè; parte della corrente del carico va a finire sul condensatore di clamp: occorre perciò un corretto dimensionamento dei tre componenti di protezione. Il diodo di clamp, così come il condensatore, sono in realtà costituiti da più componenti in parallelo, montati su un circuito stampato a doppia faccia, in modo da poter essere montati anch’essi molto vicino ai terminali dell’IGBT da proteggere.
Circuito di Clamp e suo funzionamento
Il problema della protezione contro le sovracorrenti e la desaturazione
Gli IGBT sono praticamente improteggibili tramite fusibili: nel tempo occorrente ad un fusibile ad intervenire, la giunzione del componente si danneggia già irrimediabilmente. E quindi per forza necessario un sistema affidabile di limitazione della corrente. Nel realizzare un circuito di protezione bisogna tener conto di alcune condizioni che massimizzino l’efficienza del circuito di protezione e che minimizzino gli effetti sugli altri circuiti. Al fine di ottenere le funzioni di protezione desiderate senza sacrificare le altre funzioni, il circuito di protezione deve, il più possibile, soddisfare le seguenti condizioni. Per prima cosa il circuito di protezione deve spegnere l’igbt, prima che esso si distrugga, ogni volta che non vengono rispettate le condizioni di lavoro del dispositivo. Inoltre, deve limitare la massima corrente di guasto e ridurre le sollecitazioni al dispositivo e all’intero sistema quando circolano grandi correnti. II dispositivo dovrebbe essere disattivato più rapidamente se non vi è limitazione della massima corrente di guasto.
Cenni ai trasduttori di corrente utilizzabili in elettronica di potenza
Il monitoraggio della corrente richiede l’impiego di opportuni trasduttori, come ad esempio:
– Shunt
Consiste in una resistenza di valore noto da inserire in serie al conduttore attraverso il quale transita la corrente che si vuole misurare. II valore della corrente, continua o alternata, si ricava indirettamente con la legge di Ohm misurando la tensione ai capi dello shunt. Tuttavia, questo trasduttore non presenta isolamento galvanico tra i circuiti di potenza e di misura. Inoltre, il livello di tensione dello shunt risulta flottante verso massa. Dunque, il suo impiego non è facilmente praticabile.
– TA
Il TA (trasformatore amperometrico), è un trasformatore di misura realizzato con gli accorgimenti necessari per ridurre al minimo gli errori nella misura di corrente. Garantisce l’isolamento galvanico tra i due circuiti, ma non è sensibile alla componente continua della corrente da misurare.
– Sonda a effetto Hall
L’unica altra soluzione, dato che occorre misurare anche la componente continua della corrente, è quella di usare un sensore ad effetto Hall. Tale sensore è una minuscola barretta di materiale semiconduttore, nel quale viene fatta scorrere una corrente I costante. A 90 gradi con la corrente, il sensore viene investito da un campo di induzione magnetica B, mentre su un altro piano, a 90 gradi con entrambi i precedenti, si rileva una tensione proporzionale, tramite una costante, sia all’induzione B che alla corrente I.
Schema di principio di un sensore di corrente a effetto Hall
Il campo B è quello generato dalla corrente che scorre nel componente, che viene rilevato tramite un accoppiamento magnetico (piccolo toroide), e dalla misura di questo si risale alla corrente nel componente. Il sensore di Hall è sensibile anche alle componenti continue e presenta il vantaggio di non essere galvanicamente collegato al circuito di potenza sottoposto a misura.
Protezione contro le sovracorrenti e la desaturazione
– Controllo analogico e istantaneo della corrente
Il primo problema è rilevare la corrente che passa nello IGBT tramite un trasduttore. Il segnale di corrente serve ad un regolatore ad anello chiuso, di tipo PID (Proporzionale Integrale Derivativo) o di tipo a isteresi (ON/OFF).
– Limitazione della sovracorrente tramite rilevamento e blocco degli IGBT
Il regolatore, oltre a mantenere la corrente nel carico assomigliante ad una sinusoide di prefissato valore efficace, deve in ogni caso, se la corrente supera anche per un istante la corrente massima ammissibile, comandare lo spegnimento immediato di tutti gli IGBT. Tale condizione di spegnimento a volte si intende per un periodo di rete, ma è spesso si intende fino a nuovo ordine dall’esterno, per sicurezza.
– Controllo dello stato di desaturazione dello IGBT (Monitoraggio della V CE )
Si noti che il rilevatore ad effetto Hall non viene posto in serie agli IGBT, ma in serie al carico dell’inverter. Ci possono perciò essere dei casi dove gli IGBT sono in netto sovraccarico senza che tale corrente interessi il carico. Se ad esempio uno degli IGBT, per un guasto, diventa un cortocircuito permanente e ciò non viene rilevato, all’accensione dell’altro IGBT dello stesso ramo si cortocircuita il DC link, con conseguenze distruttive per l’intero convertitore e pericolo per chi si trovasse nelle vicinanze. Questo guasto non coinvolge il carico e perciò non viene rilevato dal sensore di corrente. Dunque, se il guasto avviene a monte del trasduttore di corrente il metodo illustrato sopra non è più efficace ed è necessario il controllo della desaturazione dell’igbt. Questo metodo consiste nel monitorare la VCE. Infatti, durante il corto circuito l’intera tensione si manifesta ai capi dell’igbt e la VCE diverge dal “low on-state voltage”, verso la tensione di alimentazione Il circuito di protezione deve quindi rilevare la tensione VCE e compararla con un valore di riferimento. Se il riferimento viene superato, la logica di controllo interviene sul circuito di comando della valvola, imponendone lo spegnimento e inibendone successive accensioni.
Occorre perciò integrare il regolatore di corrente con il monitoraggio della tensione collettore-emettitore ai capi di ogni IGBT: un aumento oltre i 2 V di questa tensione, quando l IGBT è in stato di ON, è un sintomo di un probabile guasto. Tale sintomo si può verificare anche per guasti alla coppia di transistor che pilotano il gate, quindi è una protezione in più. Mettere semplicemente un sensore ai capi dello IGBT non sarebbe agevole, perchè si presenterebbe immediatamente un problema di scala:
in stato di ON, la VCE vale pochi Volt, e qui devo valutare suoi improvvisi aumenti;
in stato di OFF, la VCE sale invece alla alimentazione, ovvero 400, 500, 700 V.
Con un fondoscala dello strumento dimensionato per l’elevata alimentazione, difficilmente si apprezzerebbero con sufficiente precisione (tale cioè da assicurare la protezione e allo stesso tempo evitare scatti intempestivi) le variazioni della V CE in stato di ON. Si predispone perciò un circuito più complesso, per misurare solo le variazioni che interessano, con uno schema del tipo rappresentato nella figura che segue. L’alimentazione dei circuiti di comando e protezione si realizza normalmente con tensioni duali e punto centrale a massa, dell’ordine della decina di Volt, per esempio +15/0/-15 V. Si è rappresentato il comando del gate, composto come già descritto, con il simbolo di un generico amplificatore, quest’ultimo a sua volta comandato da un controllo, riportato tramite opto accoppiatore. Per spiegare come si costruisce il segnale che arriva al sensore di tensione, si procederà per passi successivi, tenendo sempre conto che tale sensore misura la tensione riferendosi al punto centrale dell’alimentazione. Come si vedrà, tale sensore non è altro che l’ingresso di un comparatore di tensione. Lo schema è di principio; in realtà si hanno modifiche di adattamento.
Schema di principio del circuito per il monitoraggio della VCE
1 passo
Tramite una resistenza R, collegata al positivo dell’alimentazione, si fornisce al sensore una tensione che vale:
– +V cc, ovvero una decina di Volt, con IGBT in stato di OFF
– circa V CEsat, ovvero la d.d.t. su IGBT e diodo D1 (pochi Volt), con IGBT in stato di ON
Grazie infatti alla presenza del diodo D1, collegato in serie alla resistenza e con il catodo sul collettore dello IGBT, durante lo stato OFF la tensione del DC-link non può arrivare al sensore perchè tale diodo è contro polarizzato. In stato di ON invece D1 conduce e collega il sensore ai capi dell’IGBT.
2 passo
Poichè si vuole un segnale di pochi volt, e si vuole controllare tale segnale solo quando all’IGBT è comandato lo stato di ON, si introduce il diodo D2, collegato con l’anodo al sensore di tensione e con il catodo all’uscita dell’opto accoppiatore. Finchè è comandato lo stato di OFF, ovvero l’uscita dell’opto accoppiatore è bassa (0 logico), D2 conduce e il sensore vede quindi solo la caduta di tensione su questo diodo. Quando l’uscita dell’opto accoppiatore va alta (1 logico), D2 si interdice e il sensore risulta collegato tramite D1 al collettore dell’IGBT, come prima.
3 passo
Occorre anche introdurre un piccolo condensatore C, per esempio da 100 pf, per smussare il picco di tensione (modesto!) che si verifica nella transizione da OFF ad ON. Nel brevissimo tempo occorrente allo IGBT ad attivarsi, il sensore vede D2 interdetto e D1 ancora contro polarizzato, quindi rileverà la tensione positiva di alimentazione, subito decrescente. La presenza del condensatore elimina l’inconveniente del picco e fornisce al sensore un segnale di tensione sempre limitato a pochi volt. Monitorando ora tale segnale, e reagendo ad aumenti oltre una certa soglia, si realizza la protezione. Si confronta il segnale di tensione così costruito con un riferimento (ricavato dall’alimentazione dei circuiti di comando tramite il settaggio di un trimmer), mediante un comparatore ad isteresi.
Dall’alto verso il basso:
comando al gate;
tensione senza C;
tensione con C
L’uscita del comparatore va a comandare l ingresso di SET di un flip-flop SR, che a sua volta serve a due funzioni: l uscita Q serve come retroazione per la logica di controllo, ad indicare che è avvenuto un guasto, nonché per attivare una segnalazione visiva (ad esempio un piccolo LED), che renda immediatamente riconoscibile l IGBT interessato: ciò; è utile specie in convertitori con tanti interruttori statici, dove sarebbe complicato stabilire dov è; il guasto; l uscita Q negata è collegata direttamente all uscita dell optoaccoppiatore, così da forzarla a 0 logico non appena si rileva il guasto, senza aspettare l intervento della logica di controllo: si comanda così:
l’immediato spegnimento dell IGBT guasto. Si noti che il segnale di retroazione alla logica di comando deve provocare uno spegnimento di tutto il convertitore, perchè se un interruttore statico rimane permanentemente aperto, un lato del carico rimane flottante e possono esserci dei problemi nei successivi periodi di commutazione.
– Il problema del blocco dell’igbt in presenza di sovracorrente Nei circuiti di protezione reali degli IGBT si ha anche che, nel caso di spegnimento di emergenza a causa di una sovracorrente, la resistenza posta in serie al gate R gateoff è di valore più alto del solito. Questo perchè si intende limitare la sovratensione che lo spegnimento provoca sull altro IGBT della gamba dell inverter, dovuta a di/dt, sovratensione che puù non essere piccola, dato che si origina da una corrente più elevata del normale. Si vuole spegnere con gradualità l IGBT sospettato di guasto, perchè potrebbe accadere che si riesca a salvarlo, ma che si provochi la rottura dell altro IGBT sano per eccessiva sovratensione applicatagli
Penso di aver chiarito gli aspetti poco chiari del precedente articolo sugli IGBT
Saluti Amilcare
L’articolo iniziale di due anni fa è questo https://www.elettroamici.org/igbt-di-potenza/
Bravo Amilcare bella spiegazione sugli igbt sempre piu usati ,addirittura insostituibili nelle applicazioni di elettronica di potenza .