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  • #4712
    mau22
    Partecipante

    Ciao a tutti.

    Faccio seguito a un discorso introduttivo creato da Lorenzo nel sito Theremino, e inizio una discussione sulla lettura dei dati HRV.
    L’acronimo è composto dalle inziali delle parole Heart Rete Variability, e consiste nella misura del tempo che intercorre tra due contrazioni cardiache successive.
    L’argomento è piuttosto vasto, e si presta a osservazioni ed esperimenti alla portata degli hobbisti e appassionati di elettronica, a mio parere lasciando spazio per nuove ricerche non ancora affrontate dagli esperti ufficiali.
    Desidero in primo luogo chiarire che ovviamente, trattandosi di dati di carattere medico, l’interpretazione che ne potrà venire fatta dai ricercatori non dotati di preparazione medica specifica, è da ritenersi una opinione personale, e non può avere validità nella comunità scientifica.
    Tuttavia, questa precisazione non preclude la possibilità che alcune tipologie di misurazioni pensate da non professionisti possano in futuro esprimere dati rilevanti, che potranno essere segnalati a personale competente per una successiva valutazione in ambito più scientifico.
    Fino a quel momento, l’impiego dei dati ottenuti per la modifica di stile di vita o terapie, o per la diagnosi, sarà da ritenersi non lecito, e ogni ricercatore non professionista sarà direttamente responsabile in prima persona dell’impiego dei dati rilevati.

    Dopo il doveroso avvertimento, passiamo alla parte interessante.
    Si possono trovare in Internet molte informazioni, sia in inglese che in italiano, riguardo la HRV.
    Inizialmente, questa misurazione aveva stimolato l’attenzione degli operatori del settore perché si riteneva che potesse prevedere rischi cardiovascolari, ma le ultime verifiche sembrano smentirne l’affidabilità in questo senso.
    L’applicazione pratica più nota attualmente è la valutazione del sovrallenamento in atleti agonisti.
    L’utente Lorenzo, nel suo primo intervento nel sito Theremino, cita anche un nuovo filone di ricerca, che permetterebbe di effettuare misurazioni sul funzionamento del sistema nervoso autonomo, e in particolare sembra possibile misurare l’entità del dolore.

    Al momento, le misurazioni di HRV vengono effettuate nel dominio del tempo e della frequenza.
    Nel primo caso, viene preso in considerazione il tempo che intercorre tra due battiti successivi. Questa misurazione può essere successivamente analizzata facendo dei calcoli su più misurazioni contigue, ad esempio radice quadratica oppure percentuale di differenze di intervalli adiacenti intervalli superiore a un limite impostato.
    Nel secondo caso, invece, si misura la frequenza delle diverse durate delle variazioni.
    Queste informazioni possono essere approfondite qui
    HRV – Heart Rate Variability PARTE II (Definizione ed analisi principali)
    e anche in altri siti, facendo un po’ di ricerca con google.

    Un altro argomento da approfondire è il metodo utilizzato per leggere le contrazioni del muscolo cardiaco.
    Anche qui, le opzioni al momento sono due:
    – lettura ottica del flusso sanguigno attraverso la pelle (fotoplestimografia)
    – lettura classica con elettrodi cutanei
    Se ho capito bene, Lorenzo dice che la prima opzione non funziona bene per leggere HRV.

    Questo mio primo intervento è volutamente introduttivo, nella speranza di vedere presto altri contributi, e poter approfondire l’argomento.

    #4714
    theremino
    Amministratore del forum

    Fare l’analisi di Fourier è abbastanza facile, molte nostre applicazioni la usano e quindi abbiamo le funzioni pronte e ben collaudate.

    #4881
    lorenzo58sat
    Partecipante

    Bentrovati tutti voi che seguite questo nuovo item sulla misura della variabilità dei battiti cardiaci.
    Trovo l’argomento particolarmente stimolante in quanto il parametro HRV può essere messo in relazione con gli effetti della attività simpatica e parasimpatica sul nostro sistema cardiaco. Molti sono gli effetti indotti dal SNA (Sistema Nervoso Autonomo) sulla nostra attività cardiocircolatoria; alcuni esempi? l’induzione della vasodilatazione e della vasocostrizione, la stimolazione della sudorazione cutanea provocata dalle ghiandole eccrine, la dilatazione od il restringimento pupillare a seguito di opportuni stimoli luminosi o sensitivi e moltissime altre fra cui appunto la variabilità del tempo che intercorre fra un battito ed il successivo. Quasi tutti gli effetti indotti dal SNA sono misurabili con tecnologie non complesse, ma … direi … alla portata di tutti dal momento che sistemi come il Theremino rendono <semplice> qualsiasi applicazione.
    La HRV misurata su brevi intervalli di tempo (da 1 a 5 minuti) è oggi considerato un parametro indicativo dello stato di allenamento o di “giovinezza” del muscolo cardiaco. Tutto questo è noto in letteratura e già sono in commercio dei sistemi che pemettono di monitorare l’attività cardiaca con dei sistemi da polso oppure su smartphone.
    Cosa ci può essere di nuovo e di originale? la misura del dolore.
    Esatto. Avete capito bene. A tutt’oggi non abbiamo una scala che misuri il dolore in modo <oggettivo>, quello che è disponibile sono alcune tabelle in cui il dolore viene misurato come componente <soggettiva>. Queste tabelle si vedono esposte al muro in tutti gli ospedali. Ricercatori americani stanno cercando di misurare il dolore in modo oggettivo mediante la dilatazione od il restringimento pupillare. Il sistema di questo Pain O Meter sarebbe molto semplice: uno cilindro scuro impedisce alla luce ambiente di raggiungere l’occhio e quindi di interferire con il diametro pupillare (riflesso fotomotore), una sorgente di luce controllata in emissione (corona di LED bianchi) illumina dall’interno del cilindro la superficie anteriore dell’occhio e la pupilla si stringe fino ad un livello fisso e stabile nel tempo, a questo punto qualsiasi percezione dolorosa è in grado di modificare il diametro pupillare tramite l’attivazione del SNA, una telecamera di uno smartphone attraverso una specifica app è in grado di quantificare l’intensità del dolore misurando proprio le variazioni del diametro pupillare raportandole ad una scala quantitativa. Non è fantascienza, alcune immagini sono già presenti sul WEB.
    Il sistema Emotion Meter realizzato con il Theremino è simile a sistemi professionali per la misura del GSR (Galvanic Skin Response) ed è in grado di registrare eventi dolorosi (ho provato, basta un pizzicotto sul braccio! provatelo anche voi!!!) e sono ragionevolmente convinto che la misura della variabilità del battito cardiaco (HRV) possa essere altrettanto eloquente.
    Quello che serve? un rilevatore di battiti cardiaci in kit, un Theremino (modulo master) ed un programma come il Theremino ECG opportunamente modificato per elaborare (con la trasformata di Fourier) i dati ECG raccolti in intervalli selezionabili fra 1 e 5 minuti.
    Un sistema così potrebbe realmente essere un’alternativa alla misura delle variazioni del diametro pupillare per una stima QUANTITATIVA del dolore. Logico che deve essere validato in ambiente clinico prima di poter essere considerato uno strumento affidabile … Non aggiungo altro. Vediamo se … ho incuriosito il nostri amici elettrici.
    :-)))
    Lorenzo

    P.S.
    Rispondo a Maurizio che mi chiede se la Fotopletismografia (PPG) sia un sistema migliore o peggiore rispetto al rilevamento Elettrocardiografico (ECG) per la misura del tempo (in msec) fra un battito cardiaco e l’altro. Ritengo che la PPG abbia molte più variabili determinanti rispetto ad un ECG (vasodilatazione indotta da variazioni di temperatura nella stanza, stati emotivi, posizione dell’arto in misura che se sollevato può subire gli effetti di un diverso “allagamento” del letto vascolare rispetto a quando è abbassato, manovra di Valsalva, interferenza con gli atti del respiro …). Il tracciato ECG è molto meno influenzato da tutte queste variabili e quindi direi più affidabile permettendo di “triggerare” meglio la misura del tempo. In commercio si trovano costosi software che permettono di effettuare delle misure di HRV da un tracciato PPG (Consensys PRO) oppure sistemi che si basano su MathLAB sfruttando dei plug specifici (Kardia v2.6 oppure HRVAS 1.0.0 …). Sono sistemi non alla portata di tutti, necessitano di licenze … e comunque non sono validati da nessun Ministero della Salute.
    Quindi? penso che un Pain O Meter basato sul Theremino ECG sia veramente una chicca !!!
    (grazie di questo vostro spazio che accoglie con simpatia ed entusiasmo proprio tutti —> esperti ed inesperti)

    • Questa risposta è stata modificata 4 anni, 9 mesi fa da lorenzo58sat.
    • Questa risposta è stata modificata 4 anni, 9 mesi fa da lorenzo58sat.
    • Questa risposta è stata modificata 4 anni, 8 mesi fa da Amilcare.
    #4896
    mau22
    Partecipante

    Ciao Lorenzo.

    Viste le tue competenze, penso che il tuo apporto al settore biometria di Theremino sarà davvero molto utile.

    Dopo aver letto il tuo consiglio sull’uso dell’ECG anziché PPG, sono andato a rivedermi i sensori di Theremino, in particolare l’AD8232, che è molto interessante.
    Nel dubbio, visto il costo irrisorio, ne ho ordinato uno, tanto per fare qualche prova, anche se non so quando…Il lavoro mi prende sempre più energie e tempo.
    Nel frattempo, data la tua esperienza in merito, ti chiedo un parere: il posizionamento degli elettrodi consigliato in Theremino è sul petto, mentre il suggerimento del costruttore dell’AD8232 è sugli arti.
    Certamente il posizionamento sul petto riduce il rumore, ma richiede l’impiego di elettrodi usa e getta, che alla lunga sono costosi, senza contare che quando servono sono finiti e da riordinare.
    Ho visto in vendita in ebay due alternative: pinze da mettere su polsi e caviglie, ed elettrodi a ventosa.
    Cosa ne pensi? Le prime sono pratiche ma immagino siano più rumorose, le seconde possono essere utilizzate anche sul petto, ma non so quanto tempo stanno attaccate.
    Ovviamente, gli elettrodi adesivi usa e getta sono più igienici, ma nel caso che l’uso sia fatto sempre dalla stessa persona, direi che questo non è un problema.
    Il costo è più o meno uguale per entrambe le soluzioni.
    .

    #4899
    lorenzo58sat
    Partecipante

    Vediamo se sono in grado di rispondere.
    L’applicazione degli elettrodi ECG sul corpo umano segue la logica ideata nel 1901 da fisiologo Einthoven: si applicano ALLE ESTREMITA’ (Poso sn, Polso dx e Caviglia sn) 3 elettrodi collegati ad un amplificatore operazionale da strumentazione che assicura una forte reiezione del modo comune. La logica è quella di mettere il cuore al centro di un ideale TRIANGOLO EQUILATERO e di misurare l’intensità del vettore elettrico generato dalla attività cardiaca. Le derivazioni di Einthoven sono solo 3 (D1, D2 e D3) e misurano l’attività elettrica su differenti proiezioni (angoli di 60°). Nella derivazione D1 gli elettrodi come ho detto sono 3 ed in particolare uno positivo (sul polso sn) ed uno negativo (sul polso dx), il terzo è di riferimento (sulla caviglia sn). In D2 e D3 gli elettrodi hanno un diverso “orientamento” per cui danno una immagine della attività cardiaca secondo angoli di osservazione ruotati di 60° rispetto alla precedente configurazione. Queste intuizioni e scelte bastarono ad Einthoven per meritarsi il Nobel nel 1924. L’attività elettrica cardiaca poteva essere osservata con 3 angoli di visuale (0°, 60° e 120°).
    Negli anni successivi a Goldberger venne in mente di collegare l’elettrodo negativo con il riferimento di massa (quello sulla caviglia sn) e di applicare l’elettrodo di misura positivo sul polso sinistro (derivazione aVL), poi su quello destro (aVR) ed infine sulla gamba sn (aVF). Logicamente gli altri due elettrodi (il negativo ed il riferimento) dovevano essere spostati sugli altri due arti. Insomma bastava un semplice deviatore a 3 vie e 3 posizioni per avere il doppio delle informazioni sull’attività cardiaca. Diciamo che nelle derivazioni aVL, aVR ed aVF l’angolo di osservazione diventa -30°, +90° e -150°.
    Era “facile” a questo punto immaginare come volendo cortocircuitare le tre estremità (polso sn, polso dx e gamba sn) si potesse applicare l’elettrodo di misura positivo direttamente sul cuore per avere segnali molto più intensi e con angoli di osservazione. Questa idea venne a al dr. Wilson che individuò 6 punti sulla gabbia toracica direttamente sopra al cuore (V1 – V6) per avere immagini più specifiche e dettagliate. In questo caso abbiamo quindi le tre estremità tutte collegate all’elettrodo di riferimento ed all’elettrodo negativo mentre il positivo è l’elettrodo di misura. Come fare? con un deviatore a 3 vie e 6 posizioni.
    OK perché dico questo? per far capire che il sistema AD8232 è un amplificatore operazione da strumentazione che ha 2 elettrodi di misura (positivo, negativo) ed uno di riferimento che va collocato in modo corretto sul corpo umano: conviene SEMPRE mettere il positivo sul polso sn, il negativo sul polso dx ed il riferimento da qualche parte in basso. Sempre un triangolo. Sempre il più ampio possibile. POSSIAMO CERTAMENTE AVVICINARE I 3 ELETTRODI, avremo sempre delle misure ma la logica è questa: cercare di guardare il cuore da angolazioni diverse per ottenere risultati significativi e standardizzati. Il cuore deve stare in mezzo ad un triangolo ideale.
    E la gamba destra?
    Qui sta il fatto chiave!! la gamba destra (con un filo) va collegata alla MASSA DELLO STRUMENTO. La massa dello strumento NON E’ l’elettrodo di riferimento del nostro amplificatore operazionale (AD8232 nello specifico) ma il suo contenitore metallico che va collegato ad una efficiente dispersione a terra. Se si collegasse l’elettrodo di riferimento alla massa si avrebbero certamente delle ingestibili autooscillazioni di tutto il sistema. La massa va anche collegata ad ogni calza schermante i 3 elettrodi.

    Gli elettrodi adesivi vanno benissimo … solo che costano un po’ !!!
    Sono stato dispersivo e prolisso ? Scusatemi se si.
    Lorenzo

    • Questa risposta è stata modificata 4 anni, 8 mesi fa da lorenzo58sat.
    • Questa risposta è stata modificata 4 anni, 8 mesi fa da lorenzo58sat.
    #4904
    mau22
    Partecipante

    Ciao Lorenzo.

    Pensi di essere stato dispersivo e prolisso?
    Invece hai riassunto in poche righe dei concetti importanti che ci avrebbero richiesto, a noi non del settore, molte ore o giorni di studio e ricerca.
    Ma hai anche stimolato la mia curiosità, e quindi mi piacerebbe approfondire ulteriormente l’argomento del posizionamento degli elettrodi.
    Ho fatto una breve ricerca con google, ma non ho ancora trovato i dettagli che desidero (il tempo è tiranno), quindi chiedo a te: è possibile utilizzare effettivamente un selettore a 3 vie 6 posizioni, da anteporre all’AD8232, per ottenere le misure di Wilson?
    Questo, ovviamente, ci permetterebbe di ottenere delle informazioni che per la maggior parte delle persone, voglio dire senza una formazione specifica, sarebbero difficilmente utilizzabili.
    Ma visto che in apparenza, se ho ben capito, con theremino la possibilità di effettuare queste misure è raggiungibile con pochi soldi, chissà che un giorno non ne esca un ECG comparabile con uno professionale, ma molto economico, da utilizzare come prima indagine diagnostica in regioni del mondo dove le risorse economiche sono poche..
    Tornando invece all’argomento iniziale di questa discussione, ovvero l’HRV, quanto è rilevante il tipo di derivazione?
    La derivazione di Einthoven è sufficiente per ottenere le letture utili per la valutazione dell’HRV? In caso affermativo, quale delle tre è la più indicata?
    Mi piacerebbe chiarire subito, prima di passare alla parte software, quale tipo di derivazione sia più indicata per i nostri scopi, e configurare il circuito elettronico di conseguenza.
    L’ideale sarebbe una interfaccia tra corpo e Theremino che potesse essere utilizzata per diversi usi, sia per HVR che per altre indagini.

    Per finire, una ulteriore domanda di approfondimento, ancora sulla scelta degli elettrodi: capisco che quelli adesivi vanno benissimo, tant’è che vedo che sono quelli più utilizzati, ma quelli a pinza o a ventosa hanno dei difetti tali da inficiare la misura, oppure possono essere utilizzati?
    Anche in questo caso, pongo la domanda in vista di un eventuale impiego sul campo in regioni povere, dove gli elettrodi adesivi potrebbero non essere reperibili, oltre ovviamente al fattore costo.

    Grazie per la tua collaborazione
    Maurizio

    #4906
    lorenzo58sat
    Partecipante

    Allora cerchiamo di inquadrare bene le risposte a tutte le tue domande senza scendere in dettagli troppo complessi ma molto pratici.
    1) la soluzione del deviatore è quella che ho usato per prima nei miei esperimenti. Funziona perfettamente ma introduce nel sistema un rumore pazzesco. Ricordati che il segnale più intenso in un ECG ha un valore di 1-2mV (complesso QRS) e che molto significativi sono i valori in ampiezza dell’onda Q e T la cui analisi morfologica è essenziale per una corretta interpretazione del tracciato. Sono segnali di intensità 10 volte inferiori ad 1-2 mV e devono essere ottenuti puliti e senza alterazioni. IL SEMPLICE TREMORE MUSCOLARE viene registrato nel tracciato come un fattore di disturbo enorme. Sai quanto tempo si perdeva nel passato per ottenere una registrazione pulita? Ok il deviatore funziona e costa poco ma basta che qualche lamella di contatto si ossidi che ti passa la voglia dopo 2gg di frustranti tentativi.
    2) per gli elettrodi di misura e di riferimento il discorso va fatto in modo ordinato:
    2a) tutti gli elettrodi ai 4 arti hanno la stessa dimensione di superficie. Anche oggi gli ECG usano le pratiche pinze con i codici a colori come una volta.
    2b) gli elettrodi precordiali oggi sono tutti adesivi mentre una volta erano a pompetta (questi erano una coppetta metallica contigua ad una pompetta di caucciù che se strizzata generava il vuoto sotto di sé facendo aderire la pelle alla coppetta metallica). Era un delirio. Nel bel mezzo della registrazione c’era sempre qualche derivazione precordiale che si staccava per perdita di aderenza … e ricominciavi tutto daccapo!
    2c) la pelle a contatto di TUTTI gli elettrodi doveva essere bagnata con soluzione salina per abbassare la resisitività. Siccome poi l’uomo è un primate … ci sono anche soggetti pelosi che andrebbero rasati prima di applicare gli elettrodi (capita spesso)
    2d) il dimensionamento e la posizione degli elettrodi sono 2 parametri delicati, vediamo perché. Immagina un elettrodo come una antenna. La sua capacità di captare un segnale dipende dalla sua dimensione e dalla distanza del segnale. Il segnale elettrico emesso dal cuore viaggia per tutto il corpo umano ed arriva fino all’ultima falange di una mano o di un piede, ma con il percorrere la strada si smorza e diviene più debole. Ok chiaro? D’altro canto un elettrodo di misura posta ad 1 metro di distanza dal cuore “vede” una area cardiaca più vasta. Quindi la superficie (in cm2) di un elettrodo, la sua distanza dal cuore, l’intensità del segnale elettrico generato e la conduttività della pelle (ultimo elemento da attraversare prima di arrivare alla superficie metallica dell’elettrodo) sono tutti elementi che influiscono moltissimo sulla efficienza del sistema. Tieni come esempio presente gli steradianti nella emissione di un LED … qui il discorso è simile anche se funziona all’incontrario.
    2e) gli elettrodi a pinza non hanno difetti. Quelli a ventosa fanno sempre casino. Quelli adesivi sono ottimi ma costosi (di questi poi ce ne sono vari tipi, ma lasciamo perdere).
    3) la derivazione D1 di Einthoven è perfetta. È quella che vede il cuore a 0 gradi secondo un vettore che va dalla mano dx alla mano sn. Puoi avvicinare gli elettrodi di misura fino sulla gabbia toracica. A questo punto immagina un triangolo equilatero ideale sul torace con al centro il cuore. Metti sul vertice di sinistra l’elettrodo di misura positivo, su quello di destra l’elettrodo di misura negativo ed in basso quello di riferimento. Questo ultimo puoi metterlo anche dietro il torace, in basso sotto il polmone. Funziona benissimo anche lì (anzi forse meglio ancora).
    4) Quando fai attività fisica il corpo umano suda sempre nei posti sbagliati e gli elettrodi si staccano anche se sono di buona qualità. Opportuno scegliere zone a minore traspirazione cutanea.
    5) La derivazione D1 è perfetta per la rilevazione della HRV potrebbe andare bene anche D2. Escluderei D3.

    Se continuo così … mi cancellate d’ufficio dal blog. Ne sono sicuro.

    #4908
    theremino
    Amministratore del forum

    Continua pure, è interessante. Comunque per misurare la variabilità conta solo la frequenza. Per cui posizionerei gli elettrodi dove il segnale è più forte, cioè come nelle immagini da noi pubblicate. E non utilizzerei un commutatore, che introdurrebbe solo rumore aggiuntivo. Inoltre se il segnale è forte il tipo di elettrodo usato incide meno sui risultati.

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